Castello Aliforni

Il "Castrum Alifurni"

Il territorio maceratese è contraddistinto da numerose testimonianze del suo passato medievale e rinascimentale e tra le tante opere impresse nella storia spiccano senza dubbio le rocche e i castelli, vestigia di un tempo in cui i comuni, le signorie e le vicarie ecclesiastiche si fregiavano per ragioni difensive o di stato sociale di possedere manieri e roccaforti. Il comune di San Severino Marche è tra quelli che più di ogni altro conserva memoria del suo passato nei molti castelli sparsi sul territorio, un sistema difensivo modificatosi e accresciutosi nel tempo sia verso la vallata del Potenza che del Chienti, arrivando fino ai confini di Camerino e Cingoli. Tra le rocche che ancora oggi mantengono una forte impronta del proprio passato più o meno remoto vi è il castello di Aliforni, nell’omonima frazione del comune settempedano. Il castello fu venduto nel 1257 al Comune di San Severino da Guglielmo, vescovo di Camerino.

Percorrendo la statale in direzione Cingoli dal centro di San Severino Marche si arriva alla frazione di Aliforni, piccolo borgo che cela al suo interno anche la chiesetta parrocchiale coeva del castello, di cui tratteremo a parte. Il Castrum Alifurni si sviluppa secondo una forma allungata,Aliforni 2 influenzata dalla morfologia collinare su cui è stato eretto. Originariamente di proprietà della Diocesi di Camerino, esso fu venduto nel 1247 da Guglielmo, allora vescovo della diocesi camerte, al Comune di San Severino per 600 lire ravennati. Secondo notizie storiche documentate, nel 1409 il castello fu posto d’assedio dal Rettore della Marca, che cercava di ridurre sotto la diretta giurisdizione della Chiesa il Comune di San Severino, e parzialmente distrutto. Nel 1445 il castello venne conquistato (insieme a quelli di Elcito e Frontale) da Smeduccio (ultimo erede della esiliata famiglia Smeducci, tornato a San Severino al seguito del Re Alfonso V d’Aragona) nel corso di una tempestiva, e infruttuosa, invasione che questi effettuò nel territorio sanseverinate per riottenere la Signoria, perduta circa venti anni prima.
A seguito di questi eventi bellici, si sono conservate poche tracce dell’antica fortificazione, solo alcune costruzioni del borgo e la torre principale, a pianta quadrata, interamente realizzata in blocchi di pietra arenaria squadrata, impostata su sette livelli, alcuni dei quali utilizzati come deposito. Estremamente limitati sono inoltre il numero e l’estensione delle aperture, che lasciano supporre un diverso utilizzo degli ambienti interni, oltre che per scopi difensivi. Alla sua sommità infine, si sono conservati alcuni brevi tratti di beccatelli, pertanto sulla sua conformazione originaria si possono avanzare solo supposizioni. Interessanti per la loro autenticità sono le numerose aperture a feritoia ubicate lungo il tratto murario conservato della primitiva cinta a strapiombo sulla valle. Intorno alla torre permangono i resti della cinta muraria, il cui perimetro misurava circa 240 metri, e dell´abitato medioevale di cui si colgono evidenti segni nelle basse porte, in qualche archivolto in arenaria o in cotto e nei gradini scavati nella roccia.