Castello di Pitino

La torre che domina le Marche

Il colle su cui si erge il castello è posto a circa 11 Km dal centro del capoluogo e dai suoi 660 m. di altitudine costituiva senz’altro un luogo strategico di dominio a controllo dell’alta valle del Potenza. Negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento il sito fu soggetto ad una campagna di scavo, che poté rinvenire l’esistenza di numerosi reperti archeologici di epoca picena, fino a risalire al periodo Paleolitico.

I ritrovamenti testimoniano la vita ininterrotta dal VII al V sec. a.C. di un ricco insediamento piceno, il più importante dell’entroterra maceratese. Le prime fortificazioni di epoca picena furono abbandonate nel periodo romano, con la discesa a valle della popolazione e l’inurbamento della Settempeda, ma con la disgregazione dell’impero romano il castello tornò a popolarsi, fondato in quel tempo dal nobile settempedano Marco Petilio. Il possesso di Pitino assicurava il controllo di una delle principali vie di comunicazione del mare verso l’interno nella parte centrale delle Marche, per questo S.Severino, Montecchio, Cingoli, Tolentino e in un secondo tempo anche Camerino, se ne contesero a lungo il dominio con le armi. I feudatari signori di Pitino per difendersi posero prima (nel 1192) sotto la protezione di Treia, poi (nel 1205) sotto quella di Tolentino, che ebbe la giurisdizione del castello fino al 1239. In quell’anno l’imperatore Federico II di Svevia, che si era impadronito di tutta la Marca, lo cedette al comune di San Severino da sempre fedele alla parte ghibellina. La deposizione di Federico II nel concilio di Lione (1245) e la fine della casa di Svevia riaccesero le contese; i guelfi ebbero il sopravvento ovunque.

Anche San Severino dovette assoggettarsi al pontefice, ma riuscì a conservare definitivamente il castello, ricostruito agli inizi del XIII secolo nell’impianto che ancora oggi si conserva. Nell’estate del 1426 Pitino subì l’ultimo assedio della sua lunga storia da parte delle truppe pontificie in lotta contro gli Smeducci, che vi tentarono l’estrema difesa della loro signoria. All’interno vi sono due chiese: la primitiva chiesa di S.Maria della Pietà edificata nel 1292 venne ricostruita alla fine del ‘700, l’altra dedicata a Sant’Antonio ubicata nei pressi della torre fu realizzata alla fine del XV sec. Nel corso del XVI secolo già iniziava il crollo di parte delle mura e dei torrioni di cinta, il resto fu opera del tempo e soprattutto dell’incuria. Nel 1969 la parrocchia si trasferì ai piedi del castello, nella nuova chiesa. Nel 1974 la curia diocesana decise di alienare il complesso non essendo più in grado di mantenerlo e fu acquistato dalla società di Pitino che si impegnava alla conservazione. La zona di Pitino fu dichiarata con decreto ministeriale del 2 ottobre 1974 di notevole interesse storico artistico e sottoposta a vincolo. Nel tempo si sono susseguiti diversi restauri, nel 1958 la sovrintendenza ripara la torre, negli anni Settanta si occupa del rifacimento della porta del castello, crollata già nel 1957 per forti venti. Il 7 gennaio del 1988 viene stipulato il contratto di compra-vendita del castello, acquistato dal Comune. Nel 1989 iniziavano i lavori di restauro dell’ex chiesa parrocchiale a cura della Soprintendenza. 

Il castello di Pitino è composto da un gruppo limitato di costruzioni di primo impianto medievale; la torre alta 23 metri, un’ampia volta, oggi sotterrata con funzione di ossario, nonché la cinta muraria che si estendeva per un perimetro di 400 m, costituiscono autentici elementi architettonici del castello medievalenon deturpati da posteriori integrazioni, il resto delle fabbriche pur conservando porzioni di murature medievali, sono state riedificate in epoca successiva; la chiesetta di Sant’Antonio adiacente alla torre fu costruita nel XV secolo entro gli ambienti castellani e in tal modo conserva strutture orizzontali voltate e verticali medievali, la chiesa di Santa Maria della Pietà è della fine del Settecento, sorge in luogo di una preesistente chiesa edificata nel 1292 e soggetta all’abbazia di Sant’Eustachio di Domora, così la canonica e i locali annessi messi a circuito attorno al sagrato sono stati costruiti in epoca tarda. Di interesse archeologico medievale sono i numerosi cunicoli sotterranei, la grande cisterna nonché gli elementi di fortificazione. Da notare gli affreschi ancora esistenti entro la chiesa di S.Antonio di periodo cinquecentesco, attribuiti alla scuola pittorica settempedana. Il complesso è stato sede della parrocchia fino agli anni Quaranta e a ciò si deve attribuire la conservazione dei caratteri storici-tipologici, altresì l’attuale stato di abbandono ha provocato il rapido degradarsi dell’ambiente sia per cause fisiche sia per atti di vandalismo, dovuti alle frequenti incursioni, saccheggi e incendi dolosi. Tutta la suppellettile e gli elementi architettonici decorativi sono stati trafugati, i pavimenti scavati, le iscrizioni e le lapidi tombali estirpate, i sepolcri profanati, l’organo abbattuto. Pareti e affreschi sono stati deturpati da scritte e sfregi. La torre ha pianta di forma quadrilatera con lato maggiore di 5,80 m e minore 5,65. Allo stato attuale la torre risulta mozzata e alta circa 23 m. con muri di forte spessore, che man mano diminuisce verso l’alto con riseghe. Il rinvenimento alla sommità delle sue pareti interne di buche pontaie per l’inserimento della travatura orizzontale fa senz’altro presupporre che la torre sia stata almeno un piano più alta. La tessitura muraria è in pietra sbozzata di silice arenaria. L’accesso alla torre era assicurato da un camminamento sotterraneo che si diramava sotto tutto il complesso. La volta adibita ad ossario costituiva in origine l’uscita di questo percorso e così altri ambienti voltati. Le cortine del fronte settentrionale, sono le maggiori conservate, alte più di 8 m sono interrotte da torri rompitratta, alte circa 12 m, poste a distanza di circa 40 m l’una dall’altra e aperte verso l’interno. Delle altre parti di mura rimangono tronconi isolati tronconi e una porta di accesso.

arch. Debora Bravi

Bibliografia

R.PACIARONI, Cenni storici sul Castello di Pitino, in «Notiziario economico della Camera e del Commercio-Industria-artigianato-Agricoltura di Macerata », n.1/1993
A. MICOZZI FERRI, Il castello di Pitino, in «Appennino Camerte», n.12 del 27-3-1993, n.13 del 13-4-1993 e n.14 del 10-4-1993.

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